se sia ammissibile versare i sette decimi prima della iscrizione della società nel registro delle imprese
Not. Enrico Astuto, 05.06.2002
In materia di costituzione di società di capitali, il codice
prescrive il versamento, presso un istituto di credito, di almeno i 3/10 del
capitale sociale costituito da danaro e che di essi gli amministratori possano
venirne in possesso dopo l' iscrizione della società nel registro delle
imprese.
Nulla esplicitamente è detto circa gli altri decimi non
versati in quella sede e con quelle modalità.
Ciò è sufficiente per sostenere che per gli ulteriori
versamenti non vi siano regole da rispettare ?
Mi chiedo se, ammesso che i soci vogliano effettuare altri
versamenti prima dell' iscrizione della società, in quali forme e con quali
finalità gli amministratori possano riceverseli, perchè siano qualificabili
come decimi di quote sociali, liberatori per chi li esegue e così, ad esempio, se
si debba ricorrere ad un altro conto o libretto bancario vincolato, ad un
assegno circolare intestato alla società oppure se possa essere bastevole un
assegno bancario libero intestato al rappresentante legale in fieri.
In effetti gli amministratori, sino alla iscrizione della
società nel registro delle imprese, sono autorizzati a compiere pochi e
determinati atti, espressamente indicati dalla legge; al di fuori di tali casi
è stabilita la personale responsabilità per gli atti da loro posti in essere in
nome e per conto della società, così come accade per una qualsiasi gestione di
affari, sicchè se, ad esempio, intendessero compiere operazioni finanziarie
prima dell' iscrizione della società è difficile sostenere che, anzicchè
utilizzare altre disponibilità, possano servirsi di quei valori
destinati a costituire il capitale sociale.
La legge impone agli amministratori che, per riscuotere i
decimi versati nelle forme regolamentate e per richiedere il versamento di
quelli residui, debbano attendere l' iscrizione della società (iscrizione che
fra l'altro conferisce loro pienezza di poteri); ma, se è così, vuol dire che
prima dell' iscrizione non hanno titolo per maneggiare (valori destinati a
costituire) il capitale sociale.
A questo proposito si deve pure considerare che il capitale
sociale, come il risparmio, è un bene protetto, tutelato anche dalla legge
penale, per cui le norme a salvaguardia (quali quelle sul deposito dei decimi e
la loro riscossione) debbono ritenersi d' ordine pubblico e come tali
inderogabili.
In conclusione, da un coordinamento del disposto degli artt. 2329,
2331 e 2332, c.c., e delle altre norme in materia di reati societari, di
fallimento e di tutela del pubblico risparmio, mi sembra risulti che il sistema
nella fase costituente non tolleri sulle quote e sul capitale operazioni
diverse da quelle espressamente regolate, sicchè eventuali versamenti, in tempi
e con modalità diversi da quelli prescritti, non sono idonei alla funzione
assegnata dalla legge e non liberano chi li esegue; se effettuati, (poichè
rivestono natura diversa dal versamento dei decimi) di essi non si deve dare
atto nell' atto costitutivo (non potendosi qualificare come "libero
versamento di decimi") e, tanto meno, tenere conto nella iscrizione della
società.
Not. Giuseppe
Pappalardo
A parte le modalità pratiche di un
tale ulteriore versamento, su cui non ritengo di soffermarmi, direi che, se può
essere vero che gli amministratori, prima dell'iscrizione della società, non
abbiano titolo per "richiedere" il versamento degli ulteriori decimi,
non mi pare che possa sostenersi che non abbiano neanche titolo a riceverne lo
spontaneo versamento da parte dei soci.
Nè la norma dell'art. 2331, c. 2, c.c., importa un divieto in tal senso;
anzi, ponendo una responsabilità illimitata e solidale (n.d.r.: con la quella
della società) di chi abbia agito per essa, implicitamente ammette la
possibilità che operazioni e/o affari possano essere compiuti prima
dell'iscrizione nel Registro delle Imprese.
In realtà l'art. 2328, n. 4, c.c.,
richiede l'indicazione, nell'atto costitutivo, dell'ammontare del capitale
sociale sottoscritto e versato, mentre il successivo art. 2329, richiede (n. 2)
che almeno i tre decimi dei conferimenti in denaro siano versati presso un
istituto di credito.
Ciò senza nulla dire quanto ai
decimi residui, il cui contestuale (o dato per avvenuto) versamento a mio
avviso sarà in linea con la funzione del versamento (parziale o totale, dei tre
o degli ulteriori decimi) in sè e per sè, sia che si interpreti questa funzione
come volta ad assicurare la serietà dell'intento dei soci, sia che invece si
intenda il versamento come diretto a predisporre una garanzia per i terzi che
dovessero contrattare con la società.
Senza considerare che, prima della
modifica dell'art. 2332, c.c., da parte della L. 1127/1969 (che nel testo
vigente prevede come causa di nullità della società ..."6) l'inosservanza
della disposizione di cui all'art. 2329 n. 2), si dibatteva in dottrina e
in giurisprudenza se il versamento integrale dei conferimenti in denaro nelle
mani degli amministratori potesse, ai fini di cui sopra, essere equipollente
del versamento di almeno i 3/10 presso l'Istituto di Emissione.
Quale che fosse l'opinione
invalsa, ciò di cui qui è opportuno dar conto è che nessuno degli interpreti
aveva mai messo in dubbio la liceità di eventuali versamenti fatti nelle mani
degli amministratori contestualmente alla stipulazione dell'atto costitutivo,
nè alcuno riteneva possibile o addirittura necessario qualificarli
come versamenti effettuati a titolo diverso da quello di liberare le azioni o
quote sottoscritte.
Not. Luciano Amato
Poiche' "ubi lex voluit,
dixit", il legislatore si e' preoccupato di creare un meccanismo che
sottragga alla libera disponibilita' della societa', e quindi dei suoi
amministratori - ovviamente fino al momento dell'iscrizione della societa' nel
Registro delle Imprese - una parte del capitale (appunto i tre decimi),
evidentemente considerata sufficiente ad apprestare efficienti garanzie per i
terzi con i quali la societa' contraesse obbligazioni prima di acquisire la
personalita' giuridica.
A maggior garanzia dei terzi, la
legge prevede poi la personale responsabilita' degli amministratori per gli
atti compiuti prima che la societa' acquisti personalita' giuridica.
Perche' creare ulteriori obblighi,
limitazioni ed eventualmente e sanzioni che non esistono?
A mio modesto avviso, la forma del
versamento dei residui sette decimi nelle casse sociali (il cui versamento
venga menzionato nell'atto costitutivo a fini pubblicitari, cioe' per evitare
che la Societa' "nasca" con un capitale deliberato e
sottoscritto per un certo importo, ma versato solo in parte) puo'
essere liberamente determinata dai soci, in accordo con l'organo
amministrativo.
Di norma, almeno nei casi che sono
capitati a me, i soci consegnano al legale rappresentante della societa'
(e chiedono che di cio' sia dato atto, anche perche' ne resti
evidenza) assegni bancari di conto corrente intestati alla societa', in
proporzione delle rispettive quote di partecipazione; l'amministratore
viene quindi incaricato di custodire nelle casse sociali i detti mezzi di
pagamento, anche versandoli sul conto corrente bancario della societa',
una volta che lo stesso sara' aperto (peraltro, evidentemente, proprio con
quegli assegni, visto che i tre decimi non sono disponibili immediatamente): ben
possono i sette decimi restare depositati nel conto corrente bancario, se una
Banca sara' disposta ad aprirlo solo sulla base della certificazione notarile
di avvenuta costituzione della societa'; oppure restare depositati nelle casse
sociali, cioe' in un "cassetto" virtuale di cui l'amministratore ha
la custodia e la disponibilita'.
Ritenere che le somme costituenti
il capitale sociale siano quasi indisponibili per la societa', costituendo
un "bene protetto, tutelato anche dalla legge penale", non mi sembra
sia desumibile dal complesso delle norme citate.
Esistono ovviamente le norme
penali che sanzionano il comportamento degli amministratori (artt. 2621-2627
cod. civ.), ma in esse non si parla del presunto uso del capitale sia prima
dell'iscrizione della societa', sia dopo.
E se gli amministratori
"hanno titolo" di contrarre obbligazioni a carico della societa'
prima che la stessa sia iscritta, per me hanno anche titolo di custodire,
gestire ed eventualmente "maneggiare" il capitale, ovviamente nei
limiti che i soci dovessero imporre.
Ne' mi sembra che i soci che abbiano
versato i sette decimi prima dell'iscrizione della societa' potrebbero essere
considerati come non liberati dall'obbligo del conferimento; tutt'altro, e
proprio nell'interesse dei terzi, che in caso contrario dovrebbero attendere
che l'organo amministrativo provveda (come si dice normalmente, "nei modi
e nei tempi da esso ritenuti piu' opportuni") a richiamare i sette decimi
per potersi poi eventualmente rivalere sull'intero capitale.